Santa María de Belén. Primo insediamento spagnolo sul continente americano.

24 febbraio 1503

Santa María de Belén . Primo insediamento spagnolo sul continente americano.

Il 6 gennaio 1503 durante il quarto viaggio, Cristoforo Colombo, incappò in una terribile tempesta e si rifugiò alla foce di un fiume da lui nominato Belén (Betlemme) perchè era il giorno dedicato ai re Magi.

Dalle “Storie del Nuovo Mondo” scritte dal figlio Fernando “ …il giovedì dell’Epifania demmo fondo  presso un fiume che gl’Indiani chiamano Gieura, e l’Ammiraglio lo nomò di Belén (Betlemme), perchè nel dì dei tre Magi giungemmo in quel luogo, e subito fece scandagliare la bocca di quel fiume, e d’un altro ch’era più all’occidente dagl’Indiani detto  Beragua, e trovò che l’entrata era molto bassa e che in quello di Betlem v’erano di pieno mare quattro braccia d’acqua.  Entrarono adunque le barche nel fiume di Betlem e andarono all’insù fino alla popolazione, dove ebbero notizia esser le miniere  dell’oro in Beragua”

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Altra prospettiva dell’imboccatura del  fiume Belén
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A terra venne trovato oro che poteva essere estratto con grande facilità. Le quattro navi, la capitana della quale non è conosciuto il nome, la Gallega, la Santiago de Palos e la Vizcaina danneggiate dalle tempeste entrarono il 9 gennaio nel fiume Belén e iniziarono i baratti con gli indigeni. Cristoforo Colombo venuto a conoscenza che il re della regione del fiume Beragua  dove si diceva fossero numerose miniere d’oro, era un cacicco di nome Quibiàn inviò  il 12 gennaio Bartolomeo Colombo  a risalire il fiume per fargli visita.  incontrate il cacicco della zona chiamato dagli spagnoli Quibiàn in quanto chiesto agli indigeni come si chiamasse il loro re,  loro fraintesero la domanda e risposero kubien che nella lingua locale significava “dormire”…

Quibiàn avvisato della presenza di stranieri che risalivano il fiume Beragua , con due canoe venne incontro a Bartolomeo scambiandosi cortesie. cortesie e segni di amicizia.   Il giorno dopo il cacicco venne a trovare l’Ammiraglio restando a bordo un’ora in colloquio amichevole.  Gli spagnoli chiamarono il cacicco Quibiàn in quanto avendo chiesto il suo nome agli indigeni, questi risposero fraintendo la domanda “kubien” che nella loro lingua significava “dormire”…

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Casa del cacicco  Quibiàn .

Illustrazione dal libro di William Henry Giles Kingston ed Henry Frith. “Notable Voyagers, from Columbus to Nordenskiold” BELEN-quibian-vivienda-DOC

Il libro.
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Il 24 gennaio si scatenò una nuova tempesta  ingrossando il fiume Belén  tanto che la nave capitana  ruppe una delle sue ancore andando a sbattere contro la Gallega rompendole l’albero di contromezzana.

Tornato il bel tempo Bartolomeo venne inviato con 78 uomini a cercare le miniere d’oro indicate da Quibiàn, tornando a bordo con ottime notizie.

Il 24 febbraio 1503  Cristoforo Colombo decise di fondare un insediamento su una altura vicina alla foce del fiume lasciandone a capo come  Adelantado  il fratello Bartolomeo con 80 persone. Il sito venne chiamato “Santa Maria de Belén“e viene considerato come il primo insediamento europeo nel continente americano..

Dalle “Storie del Nuovo Mondo” scritte dal figlio Fernando “….Giunto adunque che fu, di subito con diligenza si diede ordine alla sua permanenza, perché a schiere di 10 in 10 e di più o meno, come si accordavano quelli che  vi avevano da rimanere, i quali erano 80 persone, cominciarono a fabbricare delle case sulla riva del sopraddetto fiume di Betlem, discosto dalla foce un tratto di bombarda, passata una fossa, la quale giace a mano dritta entrando per il fiume, nella cui bocca s’erge un monticello. Oltre queste case , che erano di legname e coperte di foglie di palme le quali nascevano nella spiaggia, si fabbricò un’altra casa grande, che servisse di fondaco e di casa di munizione, nella quale si mise molta artiglieria, polvere, vettovaglie, e altre munizioni simili per sostentamento de’ popolatori ; quelle però che erano più necessarie, cioè vino, biscotto, aglio, aceto, cacio e molti legumi, perchè altra cosa da mangiare non vi era”.

A Bartolomeo  venne lasciata la nave Gallega “…con tutti gli apparecchi di reti e ami e altre cose atte alla pescagione, giacchè in quella regione è infinito il pesce che vi ha in ogni fiume”.

Quando il villaggio era in ordine e l’Ammiraglio pronto a partire per la Castiglia in cerca di rinforzi ,  a causa  delle piogge oramai cessate,  la bocca del  fiume Belen si ritirò con la massa di arena che chiuse le navi in mezzo braccio d’acqua.

Nello stesso tempo gli spagnoli venuti a sapere dall’indigeno che faceva da interprete che Quibiàn  il cacicco di Beragua  resosi conto che gli spagnoli intendevano restare  sul suo territorio,  simulava amicizia preparandosi ad attaccarli.

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Nel 2002 Mireya Moscoso presidente della repubblica del Panamà  con la collaborazione della “iglesia catolica” inaugurò un monumento dedicato al cacicco  Quibiàn  ricordando il primo centenario della Repubblica di Panamà e il cinquecentesimo anno dell’incontro di Quibiàn con “el Almirante Cristóbal Colón”. 1503-2002

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Bartolomeo gioca d’anticipo e con 74 uomini tra i quali Diego Méndez si imbarcano su scialuppe e riescono a catturare Quibiàn con i suoi familiari e una cinquantina di notabili. Quibiàn riesce a fuggire tuffandosi in acqua e gli spagnoli lo credono annegato. Quibian invece una volta a terra sollevò tutta la sua gente preparando la vendetta.

Profittando di  tante piogge che aumentarono la portata del fiume Belen aprendone la bocca , Cristoforo Colombo  uscì con la capitana, la Santiago de Palos e la Vizcaina, seguito da alcune barche contenenti una sessantina degli ottanta uomini lasciati a Santa Maria de Belen che volevano salutarli. Nello stesso tempo dalla capitana venne mandata sul fiume una barca con undici mainai per far provvista di acqua .

Il momento atteso da Quibiàn era arrivato. Gli indios circondarono il villaggio e attaccarono chi vi era rimasto.  Grazie al coraggio di Bartolomeo ed ai pochi spagnoli rimasti che fecero quadrato e colpirono a fil di spada e all’ausilio di un feroce cane, Quibiàn e i suoi si ritirano. Gli spagnoli ebbero un morto e  sette feriti.  Andò male alla barca che era andata a far provvista di acqua, gli indios li assalirono e degli undici marinai se ne salvò uno solo, Giovanni di Noia, un bottaio di Siviglia che riuscì a raggiungere Santa Maria di Belén dando notizia del massacro.

I sessanta uomini che erano andati a salutare le navi che tornavano in patria, rientrati al villaggio si trovarono davanti alla situazione oramai disperata. Presi dalla paura e con Bartolomeo Colombo e i suoi ufficiali, che non riuscivano più a farsi obbedire,   decisero di partire con la Gallega,  ma la barra del fiume si era  nuovamente chiusa sbarrandone l’uscita.  Per proteggersi meglio i superstiti si trasferirono su una grande spiaggia del fiume Belen facendosi baluardo con le botti e altro che avevano e piantando le artiglierie per difendersi. Gli indios di fronte al danno che loro arrecavano le palle di cannone non ardirono uscire dalla foresta.

L’Ammiraglio era all’oscuro di quanto successo a terra  e aspettava che il tempo si calmasse per inviare a terra l’unica barca rimasta per avere notizie. Un gruppo di marinai volontari guidò la barca sino a dove non potevano più accostare a causa delle onde che andavano a rompersi sulla spiaggia. Un coraggioso, Pietro di Ledesma, piloto di Siviglia, si buttò tra le onde riuscendo a rintracciare la ridotta dove si erano trincerati Bartolomeo e gli altri.  Tornato alla barca che lo aspettava e quindi a bordo della capitana fece rapporto a Cristoforo Colombo che decise di aspettare il buon tempo per raccoglierli e salvarli. 

Dopo otto giorni  di attesa temendo che il tempo peggiorasse,  finalmente il giorno di Pasqua, 16 aprile 1503 il tempo voltò a bonaccia “… quelli di terra con la loro barca e con grosse canoe bene in ordine, l’una legata con l’altra perchè non si travolgessero, potettero cominciare a raccogliere le loro robe, e procacciando ognuno di non essere degli ultimi, usarono tanta fretta che in due dì non rimase cosa alcuna in terra se non il vaso del naviglio, il quale per cagion  delle terenidi era innavigabile”.

Iniziava così la traversata per la Giamaica e il rientro in Spagna.

Il primo tentativo di fondare una colonia in terraferma era fallito

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Francobollo emesso dalla repubblica di Panama  per celebrare i “500 Años de la Fundación de Santa Maria de Belén“. 

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Informazioni su Bruno Aloi 983 Articoli
Bruno Aloi. Nato a Genova nel 1941, si diploma nel 1960 presso l'Istituto Tecnico Nautico San Giorgio di Genova. Nel 1966 consegue il titolo professionale di Capitano di Lungo Corso. Laureato in Lettere con la tesi "I Liguri nella Gallia meridionale". Molteplici sono i momenti che segnano il percorso di Bruno Aloi, da ufficiale di coperta agli incarichi in diverse specializzazioni formative (corsi di sopravvivenza, mezzi di salvataggio, antincendio di base ed avanzato, corso superiore radar, familiarizzazione navi chimiche, ) fino all'abilitazione a comandante Certificazione S.T.C.W. 1978/95 rilasciato il 28/1/2002. Particolarmente significativa è la sua attività in campo culturale, per un decennio soprintende alla promozione delle grotte di Borgio Verezzi come presidente del Gruppo Grotte Borgio Verezzi. Nell'ambito delle esplorazioni ipogee visita il Marocco, l'Algeria e la Siria su invito del Ministro del Turismo Siriano. Socio onorario dello Speleo Club de l'Aude et de l'Ariège (Francia). In qualità di Presidente dell'Associazione per il Recupero del Genovesato, Bruno Aloi promuove nel 1986 la riapertura dei forti genovesi Sperone e Begato, con eventi di spettacolo, mentre partecipa all'iniziativa "Artisti per il Centro Storico" (1990). Premio Regionale Ligure 1987. Premio "Gente di Mare" 2002. Viareggio. Socio onorario della Società Nazionale di Salvamento. Tra le altre cariche assunte, lo ricordiamo presidente di Al Sham, associazione per le relazioni tra Italia e Siria contibuendo al gemellaggio della città di Genova con la città di Latakia (l'antica Laodicea). Giornalista pubblicista dal 14/6/1989 iscritto all'Ordine Nazionale dei Giornalisti Roma Tessera N. 170551.. Presidente del Comitato Nazionale per Colombo.

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