Cristóbal Colón no sólo llevó naos y carabelas para su primer viaje a América. Su empresa contó con múltiples recursos y los mejores hombres que se podían reunir. Aunque por lo arriesgado del reto, también llevaba una serie de cartas y salvoconductos la mar de curiosos entre la que destaca la carta que a Colón debía dar al Gran Khan.
Traducción al español actual de la carta que Colón debía dar al Gran Khan
Al serenisimo principe (),
Amigo nuestro carísimo, Fernando e Isabel, Rey y reina de Castilla, Aragón, León, Sicilia, Granada, etcétera salud y buena fortuna.
De lo relatado por algunos de nuestros súbditos y de otras personas que vienen de vuestros reinos, sabemos cuán inclinados tenéis vuestro ánimo hacia nos y nuestro estado, y con cuánto interés deseáis saber de la Bienandanza de nuestros asuntos.
Por ello hemos decidido enviaros a nuestro noble capitán Cristóbal Colón, dador de la presente, del cual podréis saber nuevas de nuestra salud y feliz Estado y de otros asuntos de lo que hémosle ordenado os relate, y por lo tanto os rogamos le creáis sin ningún género de dudas; si así lo hacéis nos será muy grato ofreciéndonos a recibir vuestros beneplácitos.
Desde nuestra ciudad de Granada 30 de abril del año del Señor de 1492.
Yo el Rey Yo la Reina
Coloma secretario
Carta escrita por los Reyes Católicos
Al serenissimo principe (),
Amico nostro carissimo, Ferdinando e Isabella, Re e Regina di Castiglia, Aragona, Leon, Sicilia, Granada, ecc. salute e buona fortuna.
Da quanto è stato riferito da alcuni dei nostri sudditi e da altre persone che vengono dai tuoi regni, sappiamo quanto sei incline a noi e al nostro
stato e con quale interesse desideri conoscere il benessere dei nostri affari.
Per questo abbiamo deciso di inviarvi il nostro nobile capitano Cristoforo Colombo, latore della presente, dal quale potrete apprendere notizie della
nostra salute e felice stato e di altre cose che gli abbiamo ordinato di dirvi, e quindi noi ti prego di credergli senza alcun dubbio, tipo di dubbi; Se
lo farai, ti saremo molto grati per offrirci per ricevere le tue benedizioni.
Dalla nostra città di Granada 30 aprile dell'anno del Signore 1492.
io il re io la regina
segretario di coloma
Lettera scritta dai Re Cattolici
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Il primo viaggio di Colombo attraverso “il mare Oceano” si presentava formalmente come un’ambasceria diretta all’Imperatore della Cina. Basandosi sostanzialmente su una leggenda, egli aveva convinto i re di Spagna che i khan mongoli erano molto interessati al cristianesimo e si era fatto autorizzare a prendere possesso in loro nome di tutte le isole e terre che avesse incontrato lungo il tragitto.
Ma né la spedizione del 1492, né quella più lunga del 1493-96 riuscirono realmente a dimostrare che le terre che si incontravano dall’altra parte dell’Atlantico fossero realmente prossime al Giappone e alla Cina. Nella relazione spedita nell’ottobre del 1498 per mezzo di una nave che faceva ritorno dall’isola di Haiti (Hispaniola) alla Spagna, Colombo concluse di aver trovato nuove terre, ma restò convinto di essere vicinissimo alla Cina e alle Indie, continuando a basarsi sul suo assunto geografico principale.
Il mondo non era così grande come molti sostenevano e perciò la navigazione da lui compiuta era sufficiente a portarlo di fronte alla Cina. Allo stesso tempo egli si rifaceva ai testi più disparati, dalla Bibbia agli scrittori antichi (Seneca e Plinio il Vecchio) e medievali. Colombo apre il Diario del suo primo viaggio con un “Prologo” nel quale ricorda le circostanze (l’annessione del regno di Granada e l’espulsione degli ebrei) nelle quali i sovrani di Spagna gli affidarono il compito di raggiungere “le terre dell’India“.
In questa ampia nozione geografica Colombo include anche la Cina, ovvero il “Catai“, secondo la denominazione di Marco Polo. Dal Milione e da ciò che Polo diceva sul Gran Khan Qubilay derivava ciò che Colombo credeva di conoscere del Lontano Oriente. In effetti poco dopo la metà del XIV secolo gli esigui rapporti fra l’Europa e l’impero cinese erano del tutto venuti meno; nessuno sapeva che il Gran Khan non esisteva più e che dal 1368 la dinastia mongola era stata sostituita da quella cinese dei Ming.
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I RAPPORTI E LE CARTE FRA COLOMBO E TOSCANELLI
Della famiglia Toscanelli di Tuscania fu il celebre Paolo di cui scrisse nel 1883 Giuseppe Di Lorenzo che “questi incoraggiò e confortò Cristoforo Colombo ad intraprendere il viaggio per la scoperta di un nuovo mondo, gli diede una carta per guida di navigazione ed una lettera che Ferdinando Colombo pubblicò nella vita del grande navigatore suo padre”.
Anche l’avvocato e storico Secondiano Campanari – scrive Mauro Loreti – approfondì nel 1854 che “quel famoso astronomo che fu Paolo Toscanelli corresse le tavole toledane o alfonsine (astronomiche)ed eresse in Firenze nel 1468 il celebre gnomone della (cattedrale della diocesi) metropolitana per determinare i punti solstiziali e le variazioni dell’eclittica ed inviò al Colombo quella carta da navigare e quelle lettere che Ferdinando Colombo pubblicò della vita del grande navigatore suo padre, con che meglio lo confortò ad entrare nel periglioso cammino, altra aggiungendone a Ferdinando Martins canonico di Lisbona, che pel re Alfonso V la dimandava, intorno a’ viaggi che allora tentavansi per mari disusati od incogniti. Né tacerò che il padre del grande astronomo, cui Firenze ebbe a medico più anni, fu natio di Toscanella donde non so per quale cagione emigrasse. Il Colombo avendo partecipato al Toscanelli l’ispirazione di andare alle Indie dalla banda d’occidente, egli v’applaudì e gli mandò una carta del mondo ove le Indie erano situate rispetto alla Spagna con le innumerevoli isole che obbediscono al gran Kan.” Paolo a Firenze fu medico, astronomo, cosmografo, studioso e geografo; era nato a Firenze nel 1397 da Domenico di Piero e da Bartolomea, lì studiò matematica e geometria col maestro Giovanni Dell’Abaco, a 18 anni fu a Padova con il fratello Piero per studiare fino al 1824 matematica, filosofia e medicina e fu compagno di studi del tedesco Nicola Cusano , filosofo ed astronomo che, in seguito, dedicò “ ad Paulum magistri Dominici Phisicum florentinum” il suo trattato “De trasfomationibus geometricis” . Conseguì il titolo di dottore in medicina e, tornato a Firenze, approfondì gli studi scientifici. Collaborò con l’architetto Filippo Brunelleschi e con altri studiosi. I suoi studi astronomici sono dimostrati dalle osservazioni esatte e dai calcoli delle orbite delle comete. Lo gnomone di cui scrisse il Campanari è presso la cattedrale di Firenze, Santa Maria del Fiore, dal 1468. E’ una grande meridiana con il foro gnomonico a 90 metri di altezza. Il navigatore ed esploratore genovese Cristoforo Colombo, prima di partire, chiese i consigli di Paolo che conosceva molto bene gli scritti dell’astronomo Tolomeo, i resoconti del viaggiatore e mercante Marco Polo ed aveva informazioni continue dal viaggiatore italiano Nicolò Conti. Interrogava spesso i viaggiatori che provenivano dalle sorgenti del Tanai (il DON in Russia) , discuteva con gli etiopi, con un viaggiatore dall’India. Il 25 giugno 1474 il Toscanelli scrisse al canonico Ferdinando Martins di Lisbona e spiegò che si poteva arrivare da ovest all’isola di Cipangu ed al Cathay : “ Molto mi piacque intendere la dimestichezza che tu hai con il tuo serenissimo e magnificentissimo Re (Alfonso V del Portogallo). E quantunque altre volte io abbia ragionato del brevissimo cammino che è di qua alle Indie, dove nascono le specierie (spezie), per la via del mare, il quale io tengo più breve di quel che voi fate per Guinea , tu mi dici che Sua Altezza vorrebbe ora da me alcuna dichiarazione o dimostrazione acciocché s’intenda e si possa prendere detto cammino . Laonde, come ch’io sappia di poter ciò mostrarle con la sfera in mano e farle vedere come sta il mondo; nondimeno ho deliberato per più facilità e per maggiore intelligenza dimostrar detto cammino per una carta, simile a quelle che si fanno per navigare. E così la mando a Sua Maestà e disegnata di mia mano, nella quale è dipinto tutto il fine del ponente, pigliando da Irlanda all’austro insino al fin di Guinea, con tutte le isole che in questo cammino giacciono; per fronte alle quali dritto per ponente giace dipinto il principio delle Indie, con le isole e i luoghi dove potete pervenire: e quanto dal polo artico vi potete discostare per la linea equinoziale, e quanto spazio, cioè in quante leghe potete giungere a quei luoghi fertilissimi d’ogni sorte di specieria e di gemme e pietre preziose. Non abbiate a maraviglia, se io chiamo il Ponente il Paese, ove nasce la specieria, la quale, comunemente dicesi che nasci in Levante: perciocché coloro che navigheranno al ponente, sempre troveranno detti luoghi in ponente; e quelli che andranno per terra al levante sempre troveranno detti luoghi in levante.” Nell’altra lettera si legge. “ A Cristoforo Colombo, Paolo fisico salute. Io ho ricevuto le tue lettere con le cose che mi mandasti, le quali io ebbi per gran favore; e stimai il tuo desiderio nobile e grande bramando tu di navigar dal Levante al Ponente come per la carta che io ti mandai, si dimostra; la quale si dimostrerà meglio in forma di sfera rotonda. Mi piace molto che ella sia bene intesa e che detto viaggio non sol sia possibile, ma vero e certo, e di onore, e guadagno e di grandissima fama appresso tutti i cristiani di modo che quando si farà detto viaggio sarà in regni potenti ed in città abbondanti: cioè di ogni qualità di specierie in gran somma e di gioie in gran copia. Ciò sarà caro, eziandio, a quei Re e Principi che sono desiderosissimi di praticare e contrattare con cristiani di quei nostri paesi, si per esser parte di lor cristiani e si ancora per aver lingua e pratica con gli uomini savi e d’ingegno di questi luoghi, così nella religione come in tutte le altre scientie, per la gran fama degli imperi e dei reggimenti che hanno di questa parte per le quali e molte altre che si potrebbono dire, non mi meraviglio che tu, che sei di gran cuore, e tutta la nazione portoghese, la quale ha avuto sempre uomini segnalati in tutte le imprese, sii col cuore acceso ed in gran desiderio di eseguire detto viaggio.” Paolo gli mandò una mappa nautica ed il grande navigatore genovese la portò con sé nel primo viaggio verso ovest, avendone completa fiducia. Il figlio di Cristoforo, Fernando, lodò Paolo Toscanelli come il vero padre dell’idea grandiosa di navigare verso le Indie dall’occidente. Egli fu amico anche di Leon Battista Alberti tanto che questo gli dedicò una sua opera “Intercenales”. Si occupò di agricoltura e delle miniere di Montecatini e di Volterra dalle quali si estraevano rame, salgemma, alabastro e fluidi geotermici. Ebbe contatti culturali con Filippo Brunelleschi . Nel 1892 lo storico Cesare De Lollis scrisse che “ è diritto e dovere della critica concludere che il vero precursore di Colombo più che i piloti portoghesi, inoltratisi oltre le Azzorre per appena qualche centinaio di leghe, fu Paolo Toscanelli.” Nel 1898 sulla “Revue des Revues” scrisse:”Qui a découverte l’Amérique? Christophe Colombe et Paolo Toscanelli. Selon nous Toscanelli fut l’inspirateur de Colomb dans ce sens que fut lui qui, indirectement d’abord (innanzitutto), et puis directement, suggéra et persuada à Colomb la possibilité de la navigation transatlantique.” Morì nel 1482. Nel 1496 nella chiesa di Santa Maria del Riposo in Toscanella, oltre ad altre famiglie, anche gli eredi di Paolo , i Toscanelli dal Pozzo, vollero far scolpire il loro stemma con il pozzo, la caratteristica della loro abitazione in Firenze, avendo collaborato ,anche economicamente, alla costruzione del tempio rinascimentale di scuola brunelleschiana nella loro città di origine.
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Sette mesi dopo la partenza di Colombo dal porto di Palos, avvenuta il 3 agosto 1492, giunse alla corte castigliana la notizia del suo ritorno. Da Lisbona, dove la sua nave era approdata i primi di marzo del 1493, Colombo inviava ai Re cattolici una lettera nella quale annunciava la sua sensazionale impresa: aveva completato il suo viaggio attraverso l’oceano fino a giungere sulle coste dell’Asia, la stessa zona che Marco Polo aveva esplorato due secoli prima. Ferdinando e Isabella, raggianti per quel nuovo segno di favore della provvidenza divina, scrissero immediatamente al «nostro Ammiraglio del Mare Oceano e viceré e governatore delle terre scoperte nelle Indie» – questo era il titolo che gli spettava in virtù delle Capitolazioni di Santa Fe – chiedendogli di affrettarsi a raggiungerli a Barcellona, dove si trovavano in quel periodo.
Il viaggio dell’Ammiraglio verso la Città Comitale fece sensazione. Colombo arrivò con sette indigeni americani, con pappagalli e altri animali e piante e frutti di ogni tipo, e «la gente accorreva per le strade per vedere lui, gli indiani e le altre novità che portava con sé», scrive un cronista. A Barcellona i sovrani gli riservarono un’accoglienza trionfale e gli tributarono grandi segni di deferenza, permettendogli di sedersi davanti a loro e passeggiando con lui per le vie della città. Sebbene le fonti non lo riportino, dovette aver luogo allora un incontro personale tra Colombo e la regina che lasciò un segno profondo nell’ammiraglio, poiché otto anni dopo, in una lettera alla sovrana, egli scrisse in tono dimesso e devoto: «Io sono servo di vostra altezza. Vi ho consegnato le chiavi della mia volontà a Barcellona […] A Barcellona mi sono dato interamente a Vostra Altezza senza lasciare nulla di me».
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