Cesare Fracassini . “Lo sbarco di Colombo a Guanahani”. 1866

Quadro scomparso.

Cesare Fracassini (Roma 1838 – 1868).

“Lo sbarco di Colombo a Guanahani”.  Olio su tela cm. 112 x 202

Tratto dal  “Numero Colombiano della Rivista Nautica 1492-1892” dove sotto la foto si legge  “dal gran quadro del pittore Fracassini”. 

Del gran bel quadro si sono perse le tracce e nulla si sa che fine abbia fatto.

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Il quadro fu commissionato  al Fracassini nel 1866 dal Signor Aspinwall di Filadelfia.

Il Dott. Enrico Venanzi raccolse in un album  schizzi ed appunti sulla elaborazione del quadro e  ne fece dono nel 1991 ai Musei Vaticani ; album conservato presso la Collezione di Arte Religiosa e Moderna dei Musei Vaticani. Dell’opera si  conoscono soltanto due bozzetti preparatori (uno nella Collezione Andreoni Nascimbene, e l’altro nei Musei Vaticani).

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Bozzetto preparatorio “Lo sbarco di Cristoforo Colombo in America “.  Collezione Andreoni Nascimbene-

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“Lo sbarco di Cristoforo Colombo in America”.  Foto dall’ Archivio Fotografico dei Musei Vaticani .

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Busto del pittore Cesare Fracassini al Pincio. Roma

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Lo sbarco di Cristoforo Colombo in America: un bozzetto inedito di Cesare Fracassini
Articolo di Stefania Alunni su Bollettino Telematico dell’Arte, 10 Luglio 2009, n. 530

Passando in rassegna le esigue fonti biografiche intorno alla figura di Cesare Fracassini notiamo che il dipinto raffigurante lo Sbarco di Cristoforo Colombo in America non ha meritato molta considerazione da parte della critica che piuttosto si è soffermata su altri soggetti storici. L’opera è stata portata all’attenzione soltanto da Francesco Sapori nel 1920 e da Pietro D’Achiardi nel 1938.

È oggi possibile aggiungere un tassello mancante all’elaborazione del quadro che sembra sia stato concepito attraverso la stesura di più bozzetti, importanti per approfondire l’evoluzione pittorica che ha portato il Fracassini alla realizzazione della composizione finale.

Il merito va alla Dottoressa Giovanna Androni Nascimbene che, avendo ereditato il bozzetto dallo zio della suocera, mi ha consentito di mettere a confronto questa versione con le altre ideate dal Fracassini sullo stesso tema, a testimonianza di come l’idea procedeva attraverso stadi di definizione.

Dopo aver descritto il momento in cui Belisario libera la città di Orvieto dai Goti per il sipario del teatro della cittadina umbra e successivamente l’episodio di Beatrice Cenci al patibolo, che lascia incompiuto, il giovane pittore nel 1866, su commissione del Signor Aspinwall di Filadelfia, si cala ancora nel filone della pittura storica inserendosi in un più ampio panorama artistico che lo pone oltre i confini geografici in cui aveva operato.

Al momento si conoscono soltanto due bozzetti, ma anche  schizzi, appunti e studi (raccolti in un album donato dal Dott. Enrico Venanzi nel 1991 ai Musei Vaticani e conservato presso la Collezione di Arte Religiosa e Moderna dei Musei) che costituiscono il punto di partenza per l’elaborazione del dipinto.

Risulta evidente che questo bozzetto (fig. 1) sembra essere la versione intermedia tra quella resa nota nel 1999 e l’opera definitiva. Nello studio già preso in esame (fig. 2) i tratti fisionomici dei personaggi si rivelano più sfuggenti  man mano che lo sguardo arriva fino a poppa della scialuppa. Dietro il veliero, di minori dimensioni, si intravede appena nelle poche linee tracciate a matita che accennano a definire le vele.

Dall’esame comparato occorre dire che l’impostazione è corrispondente, ma allo stesso tempo, nel bozzetto appartenente alla collezione Androni Nascimbene si nota un ulteriore evoluzione che lo rende prossimo rispetto all’opera. Qui porta avanti il discorso avviato precedentemente: tutto si concentra al momento dell’arrivo nella nuova terra con efficacia e immediatezza della resa.

La nave ammiraglia, ora definita nei particolari, irrompe imponente sul lato destro con le vele ammainate. Masse cupe e gruppi di figure si perdono sui ponti del veliero. Il Fracassini ci restituisce soltanto la prua di una delle tre imbarcazioni a vela, allestite nel porto di Palos per il lungo viaggio. Dopo aver sfidato tutti coloro che avevano osteggiato il suo progetto Colombo compie la traversata dell’Atlantico per giungere nel nuovo continente il 12 ottobre del 1492. Qui viene rappresentato il momento in cui, con i capitani Pinzó, gli inviati reali e alcuni marinai, sta per sbarcare sull’isola, ancora inconsapevole che non si sarebbe trattato delle Indie. Era quasi il sorgere del giorno al momento dell’arrivo e le notazioni atmosferiche descrivono pienamente l’oscurità delle ultime ore notturne senza offuscare, pur utilizzando una tavolozza di colore scuro, la vivacità dei colori e il contrasto chiaroscurale.

Lo spazio si amplia all’orizzonte lasciando intravedere nubi in prospettiva che avanzano.

Il centro focale della composizione (fig. 3) è costituito dalla scialuppa a remi capitanata dall’ammiraglio Cristoforo Colombo (titolo concesso il 17 aprile del 1492 dalla Monarchia spagnola con la convenzione di Santa Fè) che, stante a prua in atteggiamento nobile, sorregge con fierezza il vessillo con l’effige degli stemmi reali di Spagna, posti al centro della bandiera: una croce verde scuro su campo bianco ai cui estremi dei due bracci orizzontali sono visibili le lettere F e Y, iniziali del Re Ferdinando di Castiglia  e della Regina Isabella d’Aragona.

Dietro il gruppo dei galeotti che, desiderosi di approdare, si mostrano intenti a dare le ultime remate allo scorgere del  lembo di terra che sporge sulla sinistra caratterizzato da “spiagge lunate ad arco” (S. Kambo, Cesare Fracassini, in “Conferenze e Prolusioni”, a. XII, n. 8, aprile 1919). È interessante notare come il Fracassini riesca a cogliere l’immediatezza degli stati d’animo, la varietà dei volti pulsanti di vita e soddisfatti per l’impresa compiuta. Sono alcuni dei 120 membri dell’equipaggio: erano andalusi, baschi, galiziani, un portoghese e quattro italiani.

Lo scorgere della prima isola (detta Guanahani e ribattezzata in seguito da Colombo San Salvador) dell’arcipelago delle Bahamas (allora chiamate Lucayas) coglie i personaggi in atteggiamento di sorpresa: un fremere di sguardi, un esultare generale sottolineato dal coinvolgimento dell’intero equipaggio, quasi un palpitare che si propaga nell’animo e nell’espressione di ognuno. La resa accurata delle vesti, gli scintillii metallici delle armature, le maniche rigonfie a righe verdi e bianche del personaggio seduto sul lato sinistro accanto a Cristoforo Colombo, il drappo rosso gettato sul bordo della piccola imbarcazione, gli elmi lucenti, le mani protese verso la meta raggiunta, le teste inclinate per condividere l’entusiasmo, tutto concorre  a definire la verità dell’evento.

Si può dire che Fracassini anche in questa tela mostri una capacità di affrancarsi dall’insegnamento accademico nella ricerca di una resa veristica ravvisabile anche nelle più fugaci espressioni.

Nuovamente un episodio del passato si coniuga pienamente con la fedeltà dei costumi e la ricerca dell’espressione umana in un equilibrio tra emozione e attenzione descrittiva. Nell’opera compiuta, invece, il pittore apporta delle modifiche nelle increspature della marina che risultano maggiormente evidenziate e nell’aggiunta di due galeotti sul primo ponte della nave.

Ripropongo in questa sede anche  il Ritorno di Cristoforo Colombo dopo la prima spedizione (fig. 4), commissionato al Fracassini nel 1868 da un americano, il cui nome rimane ignoto.

Un progetto lasciato allo stato di abbozzo a causa della morte dell’artista avvenuta in età prematura. Il fremere della massa, dato da figure minuscole e semplificate nelle forme, è realizzato con pennellate rapide che ci restituiscono il movimento della folla animata intenta ad accogliere Colombo, ma nonostante il vigore pittorico e la spontaneità dell’insieme tutto è ancora da definire.

Un progetto pieno di vitalità che non andò in porto e che chiude definitivamente il ciclo pittorico riferibile al navigatore genovese.

 

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Informazioni su Bruno Aloi 977 Articoli
Bruno Aloi. Nato a Genova nel 1941, si diploma nel 1960 presso l'Istituto Tecnico Nautico San Giorgio di Genova. Nel 1966 consegue il titolo professionale di Capitano di Lungo Corso. Laureato in Lettere con la tesi "I Liguri nella Gallia meridionale". Molteplici sono i momenti che segnano il percorso di Bruno Aloi, da ufficiale di coperta agli incarichi in diverse specializzazioni formative (corsi di sopravvivenza, mezzi di salvataggio, antincendio di base ed avanzato, corso superiore radar, familiarizzazione navi chimiche, ) fino all'abilitazione a comandante Certificazione S.T.C.W. 1978/95 rilasciato il 28/1/2002. Particolarmente significativa è la sua attività in campo culturale, per un decennio soprintende alla promozione delle grotte di Borgio Verezzi come presidente del Gruppo Grotte Borgio Verezzi. Nell'ambito delle esplorazioni ipogee visita il Marocco, l'Algeria e la Siria su invito del Ministro del Turismo Siriano. Socio onorario dello Speleo Club de l'Aude et de l'Ariège (Francia). In qualità di Presidente dell'Associazione per il Recupero del Genovesato, Bruno Aloi promuove nel 1986 la riapertura dei forti genovesi Sperone e Begato, con eventi di spettacolo, mentre partecipa all'iniziativa "Artisti per il Centro Storico" (1990). Premio Regionale Ligure 1987. Premio "Gente di Mare" 2002. Viareggio. Socio onorario della Società Nazionale di Salvamento. Tra le altre cariche assunte, lo ricordiamo presidente di Al Sham, associazione per le relazioni tra Italia e Siria contibuendo al gemellaggio della città di Genova con la città di Latakia (l'antica Laodicea). Giornalista pubblicista dal 14/6/1989 iscritto all'Ordine Nazionale dei Giornalisti Roma Tessera N. 170551.. Presidente del Comitato Nazionale per Colombo.

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