Eremo di Nossa Senhora dos Anjos. Isola di Santa Maria, Azzorre.

Dove l'equipaggio della Niña venne in pellegrinaggio per sciogliere un voto fatto durante una tempesta.

“Ermida  de Nossa Senhora dos Anjos”. Isola di Santa Maria. Arcipelago delle Azzorre.

L’eremo (ermida) di Nostra Signora degli Angeli, fu forse il primo tempio cristiano ad essere costruito nelle Azzorre, nel XV secolo. Modificato nel 1679 e restaurato nel 1893. Del tempio originario, del XV secolo, si può ancora ammirare la porta ogivale laterale e la loggia frontale dedicata al culto dello Spirito Santo.

Nella Cappella di Nossa Senhora dos Anjos nel febbraio del 1493, al ritorno dalle Indie,  l’equipaggio della  Niña venne in pellegrinaggio per sciogliere un voto fatto durante una tempesta.

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L’eremo in una foto dell’Álbum Açoriano, 1903.

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L’eremo e il sito nella parte settentrionale dell’isola di Santa Maria.  (Álbum Açoriano, 1903).

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L’eremo come è oggi.

Facciata 

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Facciata.

Lato sinistro dell’Eremo.

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Lato sinistro

Lato destro

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Lato destro.

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Croce all’entrata della Cappella di Nossa Senhora dos Anjos.

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Entrata della Cappella di Nossa Senhora dos Anjos.

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Altare della Cappella. Gli azulejos policromi dell’altare furono aggiunti nel 1679 in occasione dei lavori di ricostruzione dopo l’assalto dei pirati algerini, che ebbe luogo tra il 1616 e il 1675, come indica una lapide.

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Altare della Cappella

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Trittico della Cappella

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Altare della Cappella di Nossa Senhora dos Anjos con il trittico.

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Nel 1616 i pirati barbareschi assaltarono l’isola rimanendoci otto giorni e rapirono  222 persone in maggior parte donne e bambini.  Pare che l’eremo si salvò dal saccheggio per le piccole dimensioni e la sua  semplicità  che  lo fecero passare inosservato.  Tanto che  alla fine del XVII° secolo  il frate Agostinho de Monte Alverne lo giudicò come  un miracolo della Vergine :  

” (…) e solo loro non giunsero alla Chiesa di Nossa Senhora dos Anjos, camminando sul suo pendio, essendo visti dalla gente che era dentro, la quale si crede che la beata Signora non volesse vedere la sua chiesa. ( …) .  

A ricordo degli attacchi dei pirati  moreschi del 1616 e del 1675 si conservano una frusta e una iscrizione. 

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Frusta dei pirati algerini  posta sotto l’altare

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Frusta dei pirati algerini posta sotto l’altare.

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Lapide posta nel 1679 in occasione dei lavori di ricostruzione della Cappella a ricordo degli attacchi dei pirati  moreschi.

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Testo  tradotto :

” Nella notte tra il primo e il secondo giorno di settembre 1675,  i Mori attaccarono questa parte di questo eremo senza la cura delle guardie. in memoria del successo in modo che predicasse che se Dio togliesse presto la punizione, era forse perché non coinvolse più innocenti; tuttavia lasciò a terra la sferza con cui puniva. Nel 1616 saccheggiarono tutta l’isola, è tradizione che non la vedessero, vedendo tutti quelli che erano dentro. “

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Parte posteriore dell’Eremo.

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Parte posteriore della Cappella.

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Monumento a Cristóvão  Colombo dietro l’ Ermida de Nossa Senhora dos Anjos (L’Eremo di Nostra Signora degli Angeli).

Il monumento venne eretto nel 1993 per celebrare il quinto centenario del passaggio di Cristoforo Colombo nel 1493.

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Monumento a Cristovao Colombo. Anjos

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Lapide posta nel 1993 alla base del monumento a Cristóvão Colombo   

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1493-1993

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Giovedì 14 febbraio 1493 sulla via del ritorno dal viaggio di scoperta,  la  Niña e la Pinta incapparono di notte in una tempesta  correndo il mare dove la forza del vento le portava. All’alba le due navi si erano perse di vista  pensando ciascuno che gli altri fossero annegati. A bordo della Niña  ritenendosi perduti si rivolsero alle preghiere e tirarono a sorte chi sarebbe andato in pellegrinaggio se si fossero salvati.  Il primo pellegrinaggio alla Madonna di Guadalupe toccò all’Ammiraglio. Il secondo, alla Madonna di Loreto, toccò al marinaio Pedro de Villa.  Il terzo, per andare a vegliare una notte in Santa Clara de Moguer toccò nuovamente  all’Ammiraglio.

Tuttavia la tempesta aumentava di forza e così come risulta nelle “Historie di Cristoforo Colombo” scritte dal figlio Fernando: ” Ma crescendo tuttavia la fortuna (la tempesta), tutti quelli della caravella fecero voto di andare scalzi e in camicia a fare orazioni, alla prima terra che trovassero, ad una chiesa della vocazione della Madonna”.

Venerdì 15 febbraio il marinaio Ruiz Garcia che all’andata faceva parte dell’equipaggio della Santa Maria,  scorse terra in direzione Est- Nord Est.   Con il vento contrario  alla rotta  della Niña,  e il mare sempre agitato,  si bordeggiò per riconoscere la terra che  avvicinandosi si riconobbe essere un’isola.  Domenica 17 dopo il tramonto  venne dato fondo all’ancora in una cala ritenuta sicura ma si perse l’ancora e venne ripreso il largo bordeggiando tutta la notte.

Lunedì 18, fattosi giorno e con il mare ancora grosso, si cercò un altro ancoraggio sulla costa settentrionale dell’isola (secondo il Morison  nell’insenatura a ovest di Punta Matos). Dato fondo davanti al villaggio di Nossa Senhora dos Anjos venne messa a mare l’unica barca di bordo ed i marinai appresero dagli abitanti di esser giunti all’isola portoghese di Santa Maria, la più a sud dell’arcipelago delle Azzorre. Gli abitanti indicarono anche ai marinai il porto più sicuro dove approdare (sempre secondo il Morison il punto dove successivamente  la Niña  si ancorò sarebbe a Ponente di Punta Frades poco distante dal villaggio di Nossa Senhora dos Anjos). Il nuovo ancoraggio si trovava in una conca circondata da rocce vulcaniche protetto dai venti meridionali e l’imboccatura aperta verso nord est.

Martedì 19, dopo il tramonto, tre isolani chiamarono da terra e l’Ammiraglio mandò la barca a prenderli. Portavano pane fresco e galline ed i saluti del Governatore dell’isola, il Capitano  João da Castanheira.  Il Governatore mandava a dire a Cristoforo Colombo che vista l’ora tarda e trovandosi lontano sarebbe venuto l’indomani a fargli visita portando altre provviste e ricondotto a bordo i tre marinai che erano scesi al vicino villaggio  dove si erano trattenuti raccontando le avventure del viaggio alle Indie.

Fernando Colombo scrive che “Quivi appresso non si vedeva altro che un romitorio, il quale, come dissero coloro, era della vocazione della Madonna“. Il romitorio era l’eremo di Nossa Senhora dos Anjos.

E continua ” Perchè, ricordandosi l’Ammiraglio, e tutti quei del naviglio, che il giovedì avanti avevano fatto voto di andare scalzi in camicia nella prima terra che trovassero ad una chiesa della Madonna, parve a tutti che si dovesse adempirlo”.

.L’Ammiraglio pregò i tre isolani che avevano dormito a bordo di recarsi nel villaggio e far venire il cappellano che aveva la chiave del romitorio affinché dicesse una messa, “E così coloro, essendo di ciò contenti, montarono nella barca del naviglio con la metà della gente di quello, affinché essa cominciasse ad adempiere il voto, ed essi poi tornando, gli altri smontassero per adempirlo anche essi”.

Martedì 19 febbraio, come i marinai sbarcarono, scalzi e in camicia, ed erano intenti a pregare nel romitorio di Nossa Senhora dos Anjos, vennero presi prigionieri dal Capitano João da Castanheira e dalla sua truppa, e la barca requisita.

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Resti della cappella originaria del romitorio di Nossa Senhora dos Anjos.

 

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Resti della Cappella originaria

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L’eremo e i ruderi  della Cappella 

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L’eremo e i ruderi  della Cappella 

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L’Ammiraglio attese sino alle undici  il ritorno a bordo della barca per recarsi a sua volta con l’altra metà dei marinai a sciogliere il voto. Cominciò a sospettare  che fosse successo qualcosa o che la barca  fosse  addirittura affondata  dato che l’isola era circondata da altissime rocce.

Poichè l’eremo era nascosto da un promontorio, salpò l’ancora, e giunse nella zona dove stava la piccola chiesa  e vide molta gente che smontava da cavallo per imbarcare armata nella barca della Niña per venire sottobordo.  Rimasti a portata di voce il Capitano João da Castanheira che era in mezzo alla barca chiese garanzie personali per salire a bordo. Colombo chiese la restituzione dei marinai facendo vedere da lontano le lettere di raccomandazione rilasciategli dai sovrani di Spagna. Inoltre  disse che aveva ancora a bordo un equipaggio sufficiente per navigare sino a Siviglia e ” Giurò di non voler smontare mai dalla caravella finché non avesse fatti prigionieri un centinaio di Portoghesi, per menarli in Castiglia, e di voler spopolare tutta quell’isola”. Detto questo  tornò ad ancorarsi  nel luogo dove era ancorato prima anche perché le condizioni meteorologiche non gli concedevano di fare altra cosa.

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Una delle ancore della Nina perse in mare sulla costa settentrionale dell’isola di Santa Maria. Al Museu de Marinha di Lisbona.

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Una delle ancore della Nina perse in mare sulla costa settentrionale dell’isola di Santa Maria. Al Museu de Marinha di Lisbona.

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Mercoledì 20 febbraio. Dopo aver rimesso in ordine la caravella e fatto riempire le botti per zavorrarla, visto che l’ancoraggio era pessimo a causa del vento violento e del mare ingrossato, temendo che gli scogli gli tagliassero i cavi, come poi avvenne, l’Ammiraglio  si affidò nuovamente al mare. Sempre dalle “Historie di Cristoforo Colombo” scritte dal figlio Fernando ” Aveva deliberato di mettersi alla corda (in panna) non senza infinito pericolo, sì per cagion del mare che era molto turbato come perchè non erano rimasti che tre marinai e alcuni garzoni, e tutta l’altra gente era gente di terra, e gli Indiani i quali non avevano alcuna pratica di governare vele e sartie. Ma, supplendo con la sua persona alla mancanza degli assenti, con assai fatica e non lieve pericolo passò quella notte“.  Il tempo si mise in miglioramento e l’Ammiraglio deliberò di tornare all’isola di Santa Maria per tentare di recuperare i marinai, le ancore e la barca.

Per inciso a bordo si trovavano anche quattro indios imbarcati perchè pratici della rotta da seguire per cercare l’isola di Carib (probabilmente Portorico) che si riteneva ricca d’oro. Rimasti poi a bordo dato che il vento si era messo favorevole a tornare verso la Spagna e l’idea di cercare Carib era stata accantonata. Così scrive Cristoforo Colombo nel suo diario, anche se si potrebbe pensare che i quattro indios siano stati in pratica rapiti per mostrarli ai re Cattolici.

La sera di giovedì 21 ritornò ancorando dove si era riparato precedentemente. Da terra un uomo fece segnali col proprio mantello urlando di non partire. Sopraggiunse la barca della Niña con a bordo cinque marinai, due sacerdoti e un notaio che venivano a parlamentare. Data l’ora tarda  vennero alloggiati per la notte.

Al mattino di venerdì 22 il notaio e i due sacerdoti controllarono le lettere circolari di raccomandazione dei re Cattolici e dichiaratisi soddisfatti tornarono a terra rimettendo in libertà il resto dei marinai prigionieri.Una tradizione orale dell’isola tramanda che Cristoforo Colombo andò a pregare all’Eremo di Nossa Senhora dos Anjos.  Nelle Historie non risulta ma non c’è scritto nulla sulla giornata di sabato 23 febbraio e quella era l’unica giornata possibile per una sua visita alla Cappella e probabilmente vista anche la sua fede c’è da pensare che un salto lo possa aver fatto data anche la vicinanza ed i rapporti tornati cordiali con le autorità portoghesi.

E così domenica 24 febbraio la Niña lasciò l’isola di Santa Maria per la Castiglia.

L’epopea dei marinai recatisi in pellegrinaggio all’Eremo di Nossa Senhora dos Anjos era così felicemente terminata

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Informazioni su Bruno Aloi 944 Articoli
Bruno Aloi. Nato a Genova nel 1941, si diploma nel 1960 presso l'Istituto Tecnico Nautico San Giorgio di Genova. Nel 1966 consegue il titolo professionale di Capitano di Lungo Corso. Laureato in Lettere con la tesi "I Liguri nella Gallia meridionale". Molteplici sono i momenti che segnano il percorso di Bruno Aloi, da ufficiale di coperta agli incarichi in diverse specializzazioni formative (corsi di sopravvivenza, mezzi di salvataggio, antincendio di base ed avanzato, corso superiore radar, familiarizzazione navi chimiche, ) fino all'abilitazione a comandante Certificazione S.T.C.W. 1978/95 rilasciato il 28/1/2002. Particolarmente significativa è la sua attività in campo culturale, per un decennio soprintende alla promozione delle grotte di Borgio Verezzi come presidente del Gruppo Grotte Borgio Verezzi. Nell'ambito delle esplorazioni ipogee visita il Marocco, l'Algeria e la Siria su invito del Ministro del Turismo Siriano. Socio onorario dello Speleo Club de l'Aude et de l'Ariège (Francia). In qualità di Presidente dell'Associazione per il Recupero del Genovesato, Bruno Aloi promuove nel 1986 la riapertura dei forti genovesi Sperone e Begato, con eventi di spettacolo, mentre partecipa all'iniziativa "Artisti per il Centro Storico" (1990). Premio Regionale Ligure 1987. Premio "Gente di Mare" 2002. Viareggio. Socio onorario della Società Nazionale di Salvamento. Tra le altre cariche assunte, lo ricordiamo presidente di Al Sham, associazione per le relazioni tra Italia e Siria contibuendo al gemellaggio della città di Genova con la città di Latakia (l'antica Laodicea). Giornalista pubblicista dal 14/6/1989 iscritto all'Ordine Nazionale dei Giornalisti Roma Tessera N. 170551.. Presidente del Comitato Nazionale per Colombo.

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